L'immobilità m'impressiona - Joan Mirò
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Mi sono chiesta quali siano le rappresentazioni più diffuse del nostro corpo e di come queste modifichino il nostro immaginario, nella percezione del corpo stesso.
Dopo
i ritratti pittorici, i dagherrotipi, le istantanee dei viaggi e dei
momenti importanti delle nostre vite (le foto di famiglia poi... le
famiglie mutano, la mia è cresciuta).
C'è
un tipo di rappresentazione che ognuna di noi ha in qualche cassetto
e che influenza moltissimo la percezione del nostro
corpo. E' la rappresentazione medica. L'approccio diagnostico che
raffigura il corpo con un fine ben preciso: trovare l'anomalìa.
Così
il corpo, sotto lo sguardo medico, è sempre potenzialmente malato,
fratturato, congestionato, tumefatto, infiammato.
Io
voglio mettere a confronto questo tipo di rappresentazione con
un'altra, similmente fotografica, di differente lunghezza d'onda, che
evochi la vitalità del corpo, sano o malato che sia.
Otto
donne, appartenenti alla mia famiglia allargata, si sono coinvolte
con l'interezza della loro agitata volontà.
E
mai avrei voluto fermarle con un tempo di scatto troppo breve. Così
le vedo vivere e così le ho fotografate. Di più: mi hanno prestato
“porzioni del loro corpo”, attraverso radiografie che ho stampato
a contatto in camera oscura.
Ciò
che eravamo abituate a vedere in negativo, lo abbiamo visto in
positivo. Fotograficamente parlando.
Questa è una parte dei risultati. Il resto sarà visibile sabato13 e domenica 14 aprile, durante Funivie veloci.
Dal comunicato stampa dell'iniziativa:
"Quello che oggi chiameremmo inquinamento visivo è l'immagine stereotipata di un corpo mercificato con ansie performative fuori dal tempo, offerto quotidianamente dai mezzi di diffusione di massa a livello globale. Questo immaginario confeziona feticci compiacenti, manipolati, pronti a soddisfare le esigenze socioeconomiche e religiose di diverse culture e sottende un'estetica sociale che nasconde e umilia quei corpi che non rispecchiano i canoni di una comunicazione visiva univoca e monopolistica.Al contrario e fortunatamente, nella visione dell'arte di questo inizio secolo, in continuità con quello appena trascorso, il corpo sembra mantenere il suo legame con la mente in relazione allo spazio e al tempo, recupera la propria soggettività e diventa mezzo di
indagine sociale, estetica e formale.
Uno degli episodi che hanno influenzato il ruolo del corpo nell'arte contemporanea, come scrive Sally O'Reilly, è stato il lavoro femminista degli anni settanta, quando il nudo tradizionale ha completato la propria metamorfosi da immagine oggettiva e metaforica a soggetto conflittuale e cosciente di sé1.