di
Luisa per S'umbra
Tutte le foto sono frutto di scatti collettivi della classe "Metamorfosi e grottesco" (Chiara Caredda, Giovanni Coraddu, Alessio Rundeddu, Simone Schirru, Giacomo Sitzia, assistente Stefania Arca) e non sono esposte nella mostra.
Un
anno lungo come un fiume, di anse, rapide, rupi, arcobaleni. E pesci
argentati a pelo d'acqua.
L'ultimo
anno della scuola di fotografia analogica S'umbra si è trovato alle
prese con metamorfosi e grottesco, mentre il grottesco impazzava, e
persiste a farlo, nel politico e nel privato. Mentre la metamorfosi
fatica a farsi accettare come condizione e il grottesco si rivela
una struttura.
All'inizio tutto è confuso, si procede a tentoni, come in camera oscura con le pupille ancora non dilatate. Un appiglio sempre buono, la nostra luce rossa, sono i nomi.
“Il nome delle cose ha valenze mortali”, diceva il buon Braibanti. Mortali e non morali. Questo ci rassicura e procediamo per mano a un poeta antifascista, omosessuale, imprigionato in tempi di guerra e in tempi di reazione. Ci sembra di scendere insieme a lui ad ammirare le prime grottesche, a stupirci, a lume di torcia, di umani in fiore e animali mutevoli. Immutati, ancora lì a farsi guardare. Attraversiamo il barocco, ormai a passo spedito, non sarà certo una bruttezza canonica che si fa bella a turbarci.
Credevo
fosse virtù era solo paura
Dove
è scritto pietà cancello e scrivo rondine
Credevo
fosse colpa era solo coraggio
Dove
è scritto infinito cancello e scrivo vita
Credevo fosse notte era solo lo sforzo
Dove è scritto amore cancello e scrivo te
Credevo fosse notte era solo lo sforzo
Dove è scritto amore cancello e scrivo te
Credevo
fosse facile era solo l'aurora.
(Aldo
Braibanti)
Così
è più facile muoversi tra le inversioni di forme e significato.
Continuiamo a imparare a remare tra i sali d'argento, a mascherare,
bruciare, far tesoro di ogni provino “che magari vuol diventar
qualcosa”. E lo fa, attaccandosi insieme ad altri, in un collage
che per noi – è evidente – è una grottesca in po' dada. No?



“Sostituire
la pelle dell'assoluto con gli oggetti dell'abitudine, di cui spesso
è dimenticato anche il pretesto”(Aldo Braibanti).
Il
resto sono esercizi, a scendere e risalire dall'argine, a ridere
anche mentre si corre, a non aver paura, perché vivere non è una
cosa seria.
E,
caro Benjamin, se la funzione dell'arte è di essere precorritrice di
futuro, noi iniziamo a correre.
A
dodici anni s'impicca e prima scrive: ciao mamma tanti saluti a
Dracula
La
gente dice cuore ma vorrebbe dire culo
Uno
prende il carbone e lo mette nel brodo per cambiarlo in
diamante
Questa sera si recita la farsa del clown e del fachiro
Ogni romanzo d'appendice ha la gioventù bruciata che si merita
C'è chi avvelena l'aria coll'atomo e c'è chi inventa il rumore plurilinque
Ha suggestioni sottili il labirinto di vetro e alluminio della periferia
Ho paura di amarti e soffoco il panico nell'acqua bollente
Faccio scongiuri - scrivo un libro - cammino - Dico sassi che intendo - e noi non ci possiamo capire
Ogni romanzo d'appendice ha la gioventù bruciata che si merita
C'è chi avvelena l'aria coll'atomo e c'è chi inventa il rumore plurilinque
Ha suggestioni sottili il labirinto di vetro e alluminio della periferia
Ho paura di amarti e soffoco il panico nell'acqua bollente
Faccio scongiuri - scrivo un libro - cammino - Dico sassi che intendo - e noi non ci possiamo capire
(Aldo
Braibanti)
No
alla sorveglianza speciale.