Tutte le foto pubblicate in questo blog sono di Luisa Siddi, tranne diversa indicazione in didascalia

venerdì 1 febbraio 2013

Il tempo


Quando pensiamo al tempo fotografico, pensiamo solitamente al tempo di apertura dell'otturatore. Tempi brevi, tempi lunghi, effetto mosso, congelare il movimento, compromessi col diaframma, eccetera.
Ma il tempo come dimensione dov'è nelle nostre foto?
Dobbiamo farci qualche domanda sulla percezione della dimensione temporale. Nella nostra esperienza di terrestri, il tempo ha indubbiamente a che fare col moto. E' un'esperienza quotidiana, quella del giorno e della notte che scandiscono il nostro, appunto, tempo. Grazie al moto dei corpi celesti.

E poi... ciò che prima era qui e dopo è da un'altra parte, ha compiuto un movimento.


Se partiamo da questa considerazione iniziale, possiamo dire che in fotografia la dimensione temporale è assente. I personaggi di una foto non si muovono, fermi, uguali a sé stessi, finché la foto avrà vita.
Eppure quasi ci si storce la bocca ad affermare questo. Perchè abbiamo una profonda esperienza del valore temporale delle foto e di quanto, di tempo, siano intrise. Abbiamo già parlato di Barthes e della sua analisi su “ciò che è stato”, paradosso estremo nella foto di chi è morto e sta per morire.
Ogni istante, naturalmente, scorrerebbe via. Preceduto e seguito da altri, in una serie durevole quanto l'intervallo di tempo preso in considerazione (la nostra vita? Il secolo scorso? Dalla nascita della fotografia ad oggi?)

Ecco, proviamo a pensare quanti istanti, dalla nascita della fotografia ad oggi, sono stati sottratti al loro fluire. Congelati nella bolla di una pellicola o di una memoria digitale. Lì, da guardare e riguardare.
Torniamo alla domanda iniziale
Come possiamo riconciliare il moto e il tempo nelle nostre foto?

Gli esempi più classici sono la cronofotografia e il stop motion. Due artifizi per mettere in sequenza singoli istanti, dando l'illusione di un fluire.
Tutto questo è divertente, utile da fare e da guardare, ma ancora non sembra soddisfare quella sensazione di profonda identità tra il tempo e la fotografia come mezzo espressivo. Anche perché questi accorgimenti ci danno solo l'illusione della diacronia, ovvero di ciò che succede attraverso il tempo. Ma la nostra esperienza è fatta anche di sincronia. Diversi fatti che accadono nello stesso istante e nello stesso luogo. E' quello che può mostrare – è solo un esempio – la street photography, avvicinandoci a quella che è un'esperienza comune e condivisibile.
La nostra mente compensa il fluire del tempo con l'immaginazione di un momento sperimentato o sperimentabile.
Inseriamo ora un altro concetto che, nella nostra esperienza, ha a che fare con la percezione di tempo: la causalità. Interviene un fattore, nel corso degli eventi, per cui possiamo identificare un prima e un dopo. La fotografia pubblicitaria sguazza in questa nostra percezione non sempre consapevole. Abbiamo tutti presente un prima e dopo la cura, prima e dopo la dieta, prima e dopo...
Due istanti, solo due istanti che possono evocare gli anni intercorsi tra una foto e l'altra.
Foto essenziali che racchiudono, con diversi registri di narrazione, delle epopee.
Ma proviamo a esagerare, potrebbe esserci qualcosa di ancor più sintetico di un prima e dopo?
Un eterno durante. Forse l'essenza della fotografia.
E non basta ancora. Perché la fotografia è la rappresentazione di un eterno durante. E a volte vale la pena ricordarselo.



Torniamo per un attimo al tempo. In fisica esiste il tempo proprio. Un tempo personale per ciascuno di noi che è diverso dal tempo proprio altrui. Un orologio interno che ti porti dietro per tutta la tua durata. All'interno del tempo proprio, possiamo definire la distanza tra due eventi come tempo. Proviamo a fantasticare. In fotografia sappiamo ragionare sulle distanze, sappiamo come con un obiettivo o la scelta di un diaframma possiamo rendere lo spazio vicino e lontano più o meno presente. Con l'inquadratura prima di tutto.
Se ragionassimo in questi termini sul tempo...