Le incertezze volontarie, diceva
Foucault.
Analizziamo la seconda versione di
“Questo non è una pipa”. Foucault ci dice che l'incertezza della
scritta, i grossi listelli di legno ci fanno pensare a una lavagna e
che l'equivoco provvisorio sarà presto dissolto in una polvere
bianca.
Ma questa è solo la prima delle
incertezze volontarie e per il momento la tralasciamo, perché ci
porta troppo facilmente alla labilità della memoria fotografica, di
cui parlavo all'inizio.
Ora soffermiamoci sulla copertina delle
“Lezioni di fotografia” di Stephen Shore. Cosa vedete? Una mano che mostra la
foto di una nave, sullo sfondo del mare? No. E' la foto di una mano
che mostra la foto di una nave ecc. E' come se dicesse: “Questo non
è una mano perché questa non è una nave”.
Continuiamo con Foucault, a proposito
di Magritte. “Ciò che sconcerta è la necessità inevitabile di
riferire il testo al disegno e l'impossibilità di definire il piano
che permetterebbe di dire che l'asserzione è vera, falsa,
contradditoria”.
In fotografia tutto questo è la didascalia!
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Jo Spence |
Jo Spence amava giocare con i suoi studenti a inventare
didascalie che modificassero la natura del messaggio fotografico. Per
esempio, di fronte a una foto di caccia alla volpe, la didascalia
poteva diventare “Raduno di inoccupati”. Se in questo permane la
prima parte della frase di Foucault (“la necessità inevitabile di
riferire il testo all'immagine), la seconda parte s'incrina. Perché
il piano che permetterebbe di dire se l'asserzione è vera, falsa o
contradditoria, non è impossibile. Ma accessibile attraverso
l'esercizio dell'ironia. Cos'è cambiato? Solo l'utilizzo di una
figura retorica, benché potentissima? Evidentemente no. Ciò che
diventa possibile, secondo me, è utilizzare tutta la potenza
dell'ironia, perché si assume, si palesa e si rivendica un punto di
vista. Il proprio, della propria classe di appartenenza, del proprio
genere, della propria storia e delle proprie rivendicazioni. E qui ci
stiamo portando su un terreno scivoloso in cui è meglio non
avventurarsi prima del preludio della fine del nostro discorso. E
allora fingiamo di allontanarci con un balzo – non fidatevi, è
solo l'apparenza di un artificio retorico, non fidatevi mai di chi
fotografa (continua...).