Tutte le foto pubblicate in questo blog sono di Luisa Siddi, tranne diversa indicazione in didascalia

venerdì 12 ottobre 2012

La saga di Myrme

Non lasciamoci ingannare dalla foto, diceva qualcuno che una foto vale mille bugie.

Per fare un esempio: la foto non mostra il colore delle antenne (fucsia) di Myrme. Non sia mai che sia vissuta come una storia personale. La fotografia è universale, vero?











No. Ma questo è l'esercizio più difficile di autorappresentazione.
Myrme non è stata catturata. Myrme è scesa volontariamente in quel barattolo. Da una pioggia torrenziale, da chissà dove, fino a un barattolo di vetro con il pane da mangiare.

Sa quello che fa?

A volte si, a volte no.
Il sotto e sopra si confondono, lo dicono i campioni di apnea. Pensi di andare nella direzione giusta per trovare ossigeno, ma puoi sbagliare. Tanto più è profondo, tanto più è buio, nessuna luce a guidarti nella risalita.
Lo sapeva prima di iniziare e l'inconsapevolezza alternata fa parte dell'esperienza.

Come nella fiaba, ha lasciato tracce di briciole che non si è mangiata, per fame.
Una è una lettera (mai consegnata) alla madre.
“Quando timbro il cartellino, mi sembra di visitare, nelle persone che vedo, la sofferenza di chi ha smesso di ricordare i sogni. Quelli del giorno e quelli della notte. Quanto di umano è rimasto tra i condannati alla rinuncia? Se l'immaginazione è diventata inconsolabile (cito ed esercito da Erik) bisogna consolarla.
Resto convinta che, nello scambio di immaginazione, si possa costruire un presente. A volte esagero e penso anche a un futuro migliore. Quando esagero molto penso a un futuro migliore per noi, ora.

Per il resto, resto determinata a fare ciò che è necessario fare, anche se è difficile”.


Estratto dal diario del sopra e del sotto (continua)

Il barattolo di Myrme



Avevamo lasciato Myrme, discesa nel barattolo, tra i condannati alla rinuncia.
All’undicesimo giorno, mostra segni visibili di sofferenza, si stropiccia gli occhi e si guarda intorno. D’altronde è qui per questo: osservare da vicino, molto da vicino. Comincia a dubitare di poter raccontare, in questo caso sarebbe tutto inutile. Prova a concentrarsi su ciò che vede.





Il “fuori” è distorto dalle pareti trasparenti, ma disomogenee, del contenitore. Il “dentro” è variamente affollato di creature volatili. Si soffermano un istante, attratte e disturbate dal fucsia delle antenne di Myrme. Le fa vibrare in modo rassicurante, nel linguaggio delle formiche si potrebbe tradurre “E’ tutto a posto, si può fare”.
“Ma se si può fare questo, cos’altro ancora?” rispondono le altrui antenne e reagiscono con arroganza fragile, con sarcasmo spuntato, con una piega triste agli angoli della bocca. Poi vanno via. Myrme tiene il suo posto di osservazione e attende. Ha il sospetto che esista una resistenza qui dentro, forse non organizzata, ma c’è. Le sue antenne come sempre fanno il discrimine, ha fatto proprio bene a colorarle così, in alcune creature provocano un brillìo negli occhi e cenni d’intesa.

Si, c’è una resistenza. “Prendiamo i contatti” si propone Myrme. E una ventata di ossigeno attraversa il sistema nervoso centrale, schiarendo la vista e accarezzando la corazza con un brivido di ebbrezza









Appunti di sutura





I sogni della notte, a Myrme, raccontano storie. Di cui a volte ricorda soltanto il titolo. Che accidenti vorrà dire appunti di sutura e che storia potrebbe essere? Le immagini ci sono. Ma le immagini, come sappiamo, non parlano mai da sole.
Myrme mi ha detto che accetta suggerimenti





E infine...