Tutte le foto pubblicate in questo blog sono di Luisa Siddi, tranne diversa indicazione in didascalia

mercoledì 10 aprile 2013

Funivie veloci

L'immobilità m'impressiona - Joan Mirò

Mi sono chiesta quali siano le rappresentazioni più diffuse del nostro corpo e di come queste modifichino il nostro immaginario, nella percezione del corpo stesso.



Dopo i ritratti pittorici, i dagherrotipi, le istantanee dei viaggi e dei momenti importanti delle nostre vite (le foto di famiglia poi... le famiglie mutano, la mia è cresciuta).
C'è un tipo di rappresentazione che ognuna di noi ha in qualche cassetto e che influenza moltissimo la percezione del nostro corpo. E' la rappresentazione medica. L'approccio diagnostico che raffigura il corpo con un fine ben preciso: trovare l'anomalìa.
Così il corpo, sotto lo sguardo medico, è sempre potenzialmente malato, fratturato, congestionato, tumefatto, infiammato.

Durante la diagnostica, il corpo, tutta la persona deve stare assolutamente immobile, a volte per qualche secondo, a volte per decine di minuti. Congelato nella sua speranza di “normalità” o di angoscia di “anomalia”.

Io voglio mettere a confronto questo tipo di rappresentazione con un'altra, similmente fotografica, di differente lunghezza d'onda, che evochi la vitalità del corpo, sano o malato che sia.
Otto donne, appartenenti alla mia famiglia allargata, si sono coinvolte con l'interezza della loro agitata volontà.
E mai avrei voluto fermarle con un tempo di scatto troppo breve. Così le vedo vivere e così le ho fotografate. Di più: mi hanno prestato “porzioni del loro corpo”, attraverso radiografie che ho stampato a contatto in camera oscura.
Ciò che eravamo abituate a vedere in negativo, lo abbiamo visto in positivo. Fotograficamente parlando.

Questa è una parte dei risultati. Il resto sarà visibile sabato13 e domenica 14 aprile, durante Funivie veloci


Dal comunicato stampa dell'iniziativa:

"Quello che oggi chiameremmo inquinamento visivo è l'immagine stereotipata di un corpo mercificato con ansie performative fuori dal tempo, offerto quotidianamente dai mezzi di diffusione di massa a livello globale. Questo immaginario confeziona feticci compiacenti, manipolati, pronti a soddisfare le esigenze socioeconomiche e religiose di diverse culture e sottende un'estetica sociale che nasconde e umilia quei corpi che non rispecchiano i canoni di una comunicazione visiva univoca e monopolistica.Al contrario e fortunatamente, nella visione dell'arte di questo inizio secolo, in continuità con quello appena trascorso, il corpo sembra mantenere il suo legame con la mente in relazione allo spazio e al tempo, recupera la propria soggettività e diventa mezzo di
indagine sociale, estetica e formale.
Uno degli episodi che hanno influenzato il ruolo del corpo nell'arte contemporanea, come scrive Sally O'Reilly, è stato il lavoro femminista degli anni settanta, quando il nudo tradizionale ha completato la propria metamorfosi da immagine oggettiva e metaforica a soggetto conflittuale e cosciente di sé1.


Funivie Veloci presenta il lavoro di 11 artiste/i che usano il corpo come medium narrativo e mezzo espressivo di scambio e di relazione. Corpi liberi autodeterminati si interrogano, mettono in discussione l'esistente, si fanno portavoce di dissenso e di cambiamento e diventano significanti di esperienze individuali e collettive. Corpi capaci ancora di sognare, di dare e di ricevere quando la partecipazione è realmente condivisa.